3 gennaio 2003
Caro Roberto Di Girolamo,
La ringrazio per il Suo C.D. “Pizzicato Blues”. L’ho ascoltato con interesse e piacere. E’ un eccellente lavoro, sia per le tematiche molto personali, sia per il carattere afferente dei brani che esprime delicatezza e gioia. Complimenti, quindi e avanti sempre.
Cordialmente.
Giorgio Gaslini
CD “Pizzicato Blues” – Roberto Di Girolamo (2001)
- Woman
- Life
- Dreaming
- Jazz waltz
- In the night
- Latin mood
- Potrait
- Tango
- On the sea
- Go
- Pizzicato blues (Quartetto d’archi)
Nando Martella (Flicorno), Filiberto Palermini (Sax alto e soprano), Francesco Carlesi (Pianoforte), Gerardo Iacoucci (Fisarmonica), Gianluca Renzi (Contrabbasso), Giampaolo Ascolese (Batteria)
Quartetto d’archi: Caterina Bono (1° violino), Roberta Mammucari (2° violino), Teresa Ceccato (Viola), Elena Lera (Violoncello)
Articolo di Antongiulio Zimarino sul “Jazz Convention Year 2001″
Roberto Di Girolamo “PIZZICATO BLUES”:
“E’ un disco piacevole e in un certo senso, “liscio” in quanto le punte emotive dell’esecuzione, risultano estremamente controllate. Questo perché ogni brano risente effettivamente della “struttura mentale” del compositore che si organizza in modo tale da non consentire all’esecutore un libero percorso emotivo e interpretativo all’interno della struttura. Ciò significa che pur nelle generali sonorità del linguaggio jazzistico, questi brani hanno poco di jazzistico nella loro intima essenza perché offrono poco spazio alla partecipazione e all’empatia dell’esecutore. Con questo non voglio dire che non siano brani piacevoli o ben eseguiti, ma che il musicista fa fatica evidente a calarsi emotivamente nel brano, e quindi risulta sempre preponderante la ricerca di soluzione armonica perseguita dal compositore più che l’impatto sonoro proposto dall’esecutore.
In sostanza il disco (nonostante la veste piuttosto approssimativa con cui si propone) è interessante anche se “intellettualistico”, con tentativi di complicazione a volte eccessivi della struttura armonica che tolgono fluidità e generano una certa ansia all’ascolto, un continuo spiazzamento di filo logico che stride un po’ con le sonorità generalmente aperte e rasserenanti con cui ogni volta sembrano partire le strutture.
Woman è una ballad malinconica, piacevole e ben eseguita dove appare forte la dimensione strutturale entro cui l’esecutore è costretto a muoversi. Life, costruita nello stesso spirito, vede un gioco sfalsato di circolarità e rimandi tra tema e armonia. Dreaming è ancora una ballad che sembra appoggiarsi ad un “mood” tematico malinconico, che viene però continuamente spostato e “straniato” da una armonia “progressive”. L’effetto di straniamento, cioè di distacco emotivo è generato dal fatto che quell’armonia impedisce di indulgere nei colori umorali suggeriti in certe misure, sottoponendo continuamente l’ascolto a continui salti di adattamento. Se nel caso specifico l’effetto di tensione appare sopportabile e anzi, incuriosisce, diventa un limite nel brano successivo Jazz waltz, dove l’insieme sonoro brubeckiano perde di fluidità portando sempre in continua evidenza l’articolazione della struttura rispetto alla musicalità. Identico discorso per In the night dove la lotta costante tra armonia e tema, tra sonorità dolci e struttura articolata non lascia mai decollare i “soli” che sono sempre evidentemente costretti a tornare nei canoni strutturali.
Latin mood appare invece più ordinata anche se i suoni generali si addolciscono ulteriormente rimandando sempre al jazz bianco e cameristico di Brubeck. Il brano fila via “serico” (fatto di seta), ma non resta, non si imprime, perde di impatto. Con Portrait si torna di nuovo al gioco di struttura / tema, intelletto / emotività, ma stavolta sembrano articolarsi meglio, l’insieme si fonde, i musicisti trovano uno spazio più appropriato e la frattura tra le parti si percepisce appena. Tango è invece un episodio interessante perché c’è un intrigante lavoro per superare gli stereotipi armonici del genere, pur citandoli: l’effetto generale personalmente mi suona ironico – dissolvente e in questo caso si può ben dire che la struttura aiuta l’effetto. Con On the sea torniamo al solito discorso, anche se qui Palermini riesce ad inserirsi meglio e a colorare l’insieme con un timbro fondamentalmente struggente. Go è invece l’episodio intimamente più jazzistico, tanto nel tema “bop” che nella struttura e qui forse il flicorno Martella (altrove decisamente più logico) appare troppo “rilassato” rispetto alla verve che la struttura armonica e il beat proporrebbero. Nel brano conclusivo Pizzicato blues credo si mostri la vera natura del lavoro di Di Girolamo: è un brano di musica contemporanea, per quartetto d’archi, non appare nulla di bluesistico, se non il senso malinconico generale.
In definitiva possiamo dire che senz’altro è un disco dignitoso, eseguito da artisti dalle indubbie capacità tecniche, (finissimo ad esempio il drumming di Ascolese) ma che risente troppo della ricerca compositiva dell’autore che in definitiva ha nell’anima un diverso approccio alla musica che non il jazz. Si sente l’approccio del compositore contemporaneo e questa dimensione disorienta un po’ l’insieme e gli esecutori stessi: solo la sezione ritmica appare abbastanza a suo agio, mentre gli altri faticano talvolta a trovare un bandolo di ispirazione, ingabbiati nella necessità di rispondere alla struttura. A ogni modo è una interessante opera prima che critichiamo più “per amore” che per “giudizio”, intravvedendo in essa una sincerità e una indubbia capacità compositiva che ha voluto incontrare una forma musicale che non le è intimamente propria per sensibilità, anche se è culturalmente conosciuta e apprezzata.”